ARCHITETTO

Il campanile è stato disegnato e progettato interamente da Francesco Faà di Bruno, sebbene non fosse propriamente né architetto né ingegnere, ma grazie alle Sue profonde conoscenze di grande matematico. I lavori, iniziati nel 1876, dopo l’ultimazione della Chiesa, si conclusero nel 1881. Il campanile ha un’altezza di 75 metri ed una base di soli 5 x 5 metri: si tratta in sostanza di una grande “matita” che svetta verso il cielo e che ancor oggi suscita l’ammirazione di ingegneri e docenti universitari. Il campanile, con i suoi 300 gradini, è strutturato in 14 piani, uno differente dall’altro, ed i visitatori salendo hanno modo di passare in mezzo alle otto grandi campane della cella campanaria e, in cima – dove era collocato un osservatorio astronomico – di ammirare un bellissimo panorama della città.

SCRITTORE

Nelle sue molteplici e variegate iniziative, tutte volte a coniugare sapientemente il dantesco motto “virtute e conoscenza”, Francesco Faà di Bruno ebbe innumerevoli occasioni di cimentarsi con l’arte della penna, tanto che ad un certo punto intorno al 1869 decise di fondare una sua piccola editrice per stampare in proprio.  Fu autore di opere cartografiche, militari, didattiche, matematiche, fisiche, astronomiche, musicali, oltre che ovviamente manuali di devozione e opuscoli ascetici e morali.  Negli ultimi anni diede avvio a un monumentale dizionario agiografico sulla vita dei santi, rimasto incompiuto.   Per divulgare la cultura ideò una biblioteca mutua circolante con la quale a prezzi modici si potevano noleggiare libri, e non solo suoi ma di interesse generale, che venivano spediti in tutta Italia.

Molto corposo è il suo epistolario, comprendente corrispondenza di ogni genere con parenti e amici ma anche con scienziati, politici, alti prelati e personaggi eminenti.  Essendo esso disperso in svariati archivi del Piemonte e di altre regioni, solo nel 2019 si è riusciti a raccogliere e pubblicare le lettere conosciute in una prima edizione organica e completa.

Non secondaria fu la sua attività giornalistica. Collaboratore di molte riviste edificanti del tempo come Letture Cattoliche, L’Unità Cattolica, L’Ateneo Religioso, L’Armonia e La Buona Settimana, nel 1853 fondò egli stesso un almanacco dal titolo Il Galantuomo, che negli anni successivi fu gestito dal suo amico don Bosco.   Verso il 1862 aveva deciso di fondare un proprio quotidiano politico-religioso nel tentativo di una conciliazione tra Stato e Chiesa, ma dovette poi desistere per dirottare i fondi sulla costituzione di un istituto educativo.  Dal 1884 acquisì la direzione del settimanale Il Museo delle Missioni Cattoliche, per riportare testimonianze di missionari da paesi allora “sconosciuti e favolosi”.

Ma il suo giornale prediletto fu Il Cuor di Maria. Mensile rilevato nel 1874 dalla Arciconfraternita del Sacro e Immacolato Cuore di Maria, fu trasformato in quindicinale e da lui curato personalmente per tutta la vita. L’intento era stemperare il precedente carattere polemico e fornire al lettore una “raccolta delle buone azioni ed opere di carità in qualunque luogo si compiano” facendogli “gustare le attualità religiose mondiali”, mediante varietà, racconti ameni, esempi edificanti, e specialmente una rubrica tutta sua: “Notizie Religiose”. Con gli anni il giornale subì poi varie trasformazioni fino a quando, nel 2015, l’intestazione venne ripresa in chiave moderna, pur conservando anche la funzione di bollettino delle Suore Minime.  Per la sua pubblicazione ininterrotta fin dalla fondazione del 1865 alcuni lo hanno definito il periodico più longevo del Piemonte

MUSICISTA

“La musica, sorella della poesia, eco di quella sovrana armonia che l’intiero universo intuona, è veramente la voce della natura, nella quale tutto è ordine e moto. Sposa della Creazione, gagliardamente influisce sui nostri cuori: e per quella segreta corrispondenza che hanno coi nostri affetti le sue consonanze, si rende la più penetrante e la più profonda delle arti.” Questi concetti esprimeva il nostro Francesco nel 1858, traducendo liberamente ed integrando un precedente opuscolo francese.

Prima ancora che nel piccolo Franceschino si sviluppasse l’enciclopedica tendenza ad apprendere che conosciamo, è noto che il suo unico interesse fu rivolto alla musica. Come consueto nei ceti sociali più elevati si iniziava l’educazione musicale come semplici fruitori (e lui ebbe come primo esempio la madre Carolina, apprezzatissima arpista). Poi si passava allo studio di uno strumento e delle grandi composizioni classiche (e fu la sorella Antonina ad assumersi questo incarico).

Francesco non si può definire un innovatore della concezione dell’epoca, né che abbia particolarmente contribuito alla evoluzione del linguaggio musicale. Ne fu piuttosto un profondo conoscitore, che si occupò di sapientemente approfondire e divulgare quegli aspetti particolari che via via rientravano nei propri progetti ed obiettivi.

Nel periodo militare ebbe occasione di frequentare feste e balli di corte, e prese a cimentarsi in questi temi di circostanza: nel 1849 da Parigi pubblicò Reconnaissance-Respect-Devoument, tre polkas-mazurkas per pianoforte dedicate alla Regina Maria Adelaide di Savoia. Seguirono la Gran Polka-Mazurka per pianoforte, in occasione della inaugurazione delle Ferrovie Sarde, e la Fantasia con variazioni per pianoforte sull’aria La donna è mobile di Verdi. Su parole del teologo Costamagna compose anche una serie di inni dedicati ai suoi commilitoni.

Naturalmente la “conversione” parigina lo instradò presto verso la musica sacra. Istituì, e seguì personalmente a lungo, educative scuole di canto per giovinette. Poi scrisse un elevato numero di inni che diede alle stampe, oltre che sul Cuor di Maria, su Vesperale, Musica per Sacre Lodi, Serto di Laudi, Lira Popolare Italiana, Lira Cattolica, Lira Ecclesiastica, Manuale Cantorum… In tutte le composizioni sua era la musica, mentre per i testi utilizzava canti di vari e non sconosciuti autori, tra cui il fratello Carlo Faà ed Alessandro Manzoni. Ma il suo paroliere preferito, per la semplicità e genuinità del verso, rimase sempre Silvio Pellico.  La sua concezione musicale rimane esplicitata e riassunta nel già citato Riflessi Cristiani sulla Musica, del 1858.

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